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Modifiche alla disciplina della tassazione dei redditi di lavoro dipendente nei casi di concessione in uso promiscuo ai dipendenti di auto, moto e ciclomotori

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 10/E del 3 luglio 2025, fornisce le istruzioni operative agli Uffici in merito alle novità fiscali relative alla tassazione dei redditi di lavoro dipendente nei casi di concessione in uso promiscuo ai dipendenti di auto, moto e ciclomotori.

Tassazione dei redditi di lavoro dipendente in caso di concessione in uso promiscuo ai dipendenti di autoveicoli, motoveicoli e ciclomotori

L’articolo 51, comma 4, lettera a) del Tuir disciplina la fiscalità dei veicoli aziendali concessi in uso promiscuo ai dipendenti. Secondo tale norma, nella versione in vigore fino al 31 dicembre 2024, i valori che costituiscono fringe benefit per l’uso promiscuo dei veicoli di nuova immatricolazione, concessi con contratti stipulati a decorrere dal 1°luglio 2020, si quantificano nella misura del 25% dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio al netto degli ammortamenti eventualmente trattenuti al dipendente.

La predetta disposizione prevede valori percentuali maggiori di determinazione forfetaria del reddito di lavoro dipendente per i veicoli caratterizzati da una più elevata emissione di anidride carbonica.

Resta ferma l’applicazione della disciplina dettata dall’articolo 51, comma 4, lettera a) del Tuir, nel testo vigente al 31 dicembre 2019, per i veicoli concessi in uso promiscuo con contratti stipulati entro il 30 giugno 2020.

Modifiche apportate dalla legge di Bilancio 2025

La manovra 2025 ha modificato la disciplina di tassazione dei redditi di lavoro dipendente nei casi di concessione in uso promiscuo ai dipendenti di auto, moto e ciclomotori.

Per effetto delle novità, ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente, per i veicoli, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione, concessi in uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1°gennaio 2025, si assume il 50% dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15 mila chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio, al netto delle somme eventualmente trattenute al dipendente.

La predetta percentuale è ridotta al 10% per i veicoli elettrici e al 20% per i veicoli elettrici ibridi plug-in.

La nuova disciplina, pertanto, si applica ai veicoli che rispettino congiuntamente i seguenti requisiti:

  • siano stati immatricolati a decorrere dal 1°gennaio 2025;
  • siano stati concessi in uso promiscuo ai lavoratori dipendenti con contratti stipulati a decorrere dal 1°gennaio 2025;
  • siano stati assegnati ai lavoratori dipendenti a decorrere dal 1°gennaio 2025.

Al fine di individuare i veicoli concessi in uso promiscuo che ricadono nella disciplina modificata dalla legge di Bilancio 2025, la circolare ritiene che la concessione del veicolo in uso promiscuo non debba considerarsi un atto unilaterale da parte del datore di lavoro, ma necessita dell’accettazione del lavoratore, che si concretizza sia attraverso la sottoscrizione dell’atto di assegnazione del fringe benefit, sia mediante l’assegnazione del bene al lavoratore.

Pertanto, il momento della sottoscrizione dell’atto di assegnazione da parte del datore di lavoro e del dipendente per l’assegnazione del benefit costituisce il momento rilevante al fine di individuare i ‘contratti stipulati a decorrere dal 1°gennaio 2025’.

Nel rispetto del principio di cassa, atteso che il momento di percezione del bene in natura coincide con quello in cui il fringe benefit esce dalla sfera patrimoniale dell’erogante per entrare in quella del dipendente, la nuova disposizione si applica ai veicoli assegnati ai dipendenti a decorrere dal 1°gennaio 2025.

Per veicoli ‘di nuova immatricolazione’ l’Agenzia considera tali quelli immatricolati a decorrere dal 1°gennaio 2025.

Infine, l’Agenzia puntualizza che la disciplina di cui all’articolo 51, comma 4, lettera a) del Tuir - come modificata dalla legge di Bilancio 2025 - si applica ai veicoli che, a decorrere dal 1°gennaio 2025, siano immatricolati, oggetto di contratti di concessione in uso promiscuo e consegnati al dipendente.

Disciplina transitoria

Come già affermato, il regime di tassazione introdotto con la manovra 2025 si applica ai veicoli che soddisfano, a decorrere dal 1°gennaio 2025, tutti i requisiti previsti dalla nuova lettera a) del comma 4 dell’articolo 51 del Tuir, visti sopra.

Al fine di assicurare una progressiva attuazione delle misure finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica nel rispetto dei princìpi di progressività e proporzionalità per le famiglie e le imprese, è stata introdotta una specifica disciplina transitoria per i veicoli che non rientrano nel regime di cui al comma 48 della legge di Bilancio 2025. L’articolo 6, comma 2-bis, del Dl n. 19/2025 inserisce, infatti, dopo il comma 48, il comma 48-bis il quale dispone che per i veicoli concessi in uso promiscuo dal 1°luglio 2020 al 31 dicembre 2024 resta ferma la disciplina di cui all’articolo 51, comma 4, lettera a) del Tuir nel testo vigente al 31 dicembre 2024.

Considerato che il comma 48-bis fa esclusivo riferimento alla ‘concessione in uso promiscuo’ del veicolo e non anche alla stipulazione del relativo contratto, si ritiene che rilevi la data di consegna del veicolo al dipendente.

Ai veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti dal 1°luglio 2020 al 31 dicembre 2024, si applica - fino alla naturale scadenza dei predetti contratti - il regime di tassazione vigente al 31 dicembre 2024.

Il regime di cui all’articolo 51, comma 4, lettera a) del Tuir, in vigore fino al 31 dicembre 2024, si estende anche ai veicoli ‘ordinati dal datore di lavoro’ entro la medesima data e ‘concessi in uso promiscuo dal 1°gennaio 2025 al 30 giugno 2025’. La norma consente di applicare il regime di tassazione previgente anche nell’ipotesi in cui il veicolo sia stato ordinato dal datore di lavoro entro il 31 dicembre 2024 e sia stato consegnato al dipendente dal 1°gennaio al 30 giugno 2025. Affinché la norma in parola trovi applicazione, occorre che nel periodo compreso tra il 1°luglio 2020 e il 30 giugno 2025, sussistano anche gli ulteriori requisiti, di immatricolazione e stipulazione del contratto.

I veicoli ordinati entro il 31 dicembre 2024, in relazione ai quali i requisiti di immatricolazione, stipulazione del contratto e consegna si siano verificati dal 1°gennaio al 30 giugno 2025, rientrano nella tipologia dei mezzi che, ai sensi del comma 48 della legge di Bilancio 2025, godono delle percentuali di agevolazione più elevate. La circolare ritiene applicabile la più favorevole disciplina introdotta dal citato comma 48, in considerazione del fatto che i requisiti previsti per accedere alla nuova disciplina si sono comunque tutti verificati nel 2025.

Proroga del contratto e riassegnazione del veicolo

In caso di proroga di un contratto di concessione in uso promiscuo di un veicolo la circolare ritiene che sia applicabile la disciplina relativa al momento della sottoscrizione dell’originario contratto, fino alla naturale scadenza della proroga medesima, purché alla data della stipula risultino soddisfatti i requisiti previsti dalla norma.

Invece, in caso di assegnazione del veicolo a un altro dipendente, attraverso la stipula di un nuovo contratto, la disciplina fiscale applicabile è quella vigente al momento della riassegnazione.

Pertanto, in caso di riassegnazione di un veicolo, già oggetto di contratto in essere al 31 dicembre 2024 e immatricolato a decorrere dal 1°luglio 2020:

  • trova applicazione la disciplina di cui all’articolo 51, comma 4, lettera a, del Tuir, nella formulazione vigente al 31 dicembre 2024, se, in base al nuovo contratto di riassegnazione stipulato nel 2025, la ‘concessione in uso promiscuo’ del veicolo è avvenuta entro il 30 giugno 2025;
  • la quantificazione del benefit segue il criterio generale dettato dall’articolo 51, comma 3, primo periodo, del Tuir, se, in base al nuovo contratto di riassegnazione stipulato nel 2025, la ‘concessione in uso promiscuo’ del veicolo avviene dopo il 30 giugno 2025, non ricorrendo le condizioni ai fini dell’applicabilità della disciplina transitoria, di cui al comma 48-bis della legge di Bilancio 2025.

Resta inteso che, in caso di riassegnazione di un veicolo immatricolato dal 1°gennaio 2025 e che, a decorrere dalla medesima data, è oggetto di un contratto di concessione in uso promiscuo ed è consegnato al dipendente, si applica il comma 48 della legge di Bilancio 2025, nel presupposto che, al momento della riassegnazione, i requisiti previsti per accedere alla nuova disciplina si sono tutti verificati a partire dal 1°gennaio 2025.


(Vedi circolare n. 10 del 2025)
Disciplina del Concordato preventivo biennale - Dlgs n. 13/2024 e successive modificazioni e integrazioni

Il Concordato preventivo biennale consente ai contribuenti che applicano gli ISA di siglare un accordo con il Fisco a seguito della formulazione, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di una proposta per la definizione biennale del reddito derivante dall’esercizio dell’attività d’impresa o dall’esercizio di arti e professioni, ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione netta ai fini dell’Irap.

Con la circolare n. 9/E del 24 giugno 2025 l’Agenzia delle Entrate illustra la disciplina del Concordato preventivo biennale, come attualmente vigente a seguito delle modifiche normative (vedi decreto correttivo). L’Agenzia riprende e integra le istruzioni fornite con la circolare n. 18/E/2024, a seguito delle novità legislative intervenute.

Il documento di prassi amministrativa fornisce tutte le istruzioni sul concordato fiscale, tenendo conto degli aggiornamenti normativi che ne hanno modificato la disciplina. L’ultima parte della circolare è dedicata alle appendici, con risposte a quesiti e casistiche particolari.

Modalità e termini di adesione alla proposta di Concordato

Il decreto sul Concordato, all’articolo 8, prevede che l’Agenzia delle Entrate, entro il 15 aprile di ogni anno, metta a disposizione dei contribuenti e dei loro intermediari appositi programmi informatici per l’acquisizione dei dati necessari per l’elaborazione della proposta di Concordato. Per il solo anno 2025 tale termine è stato posticipato dal 15 al 30 aprile.

Attraverso questo software il contribuente può aderire al Concordato inserendo i dati necessari, calcolando la proposta di Concordato e accettando la proposta entro il 30 settembre ovvero entro l’ultimo giorno del nono mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta per i soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare.

Il calcolo della proposta si basa sui dati dichiarati dal contribuente tenuto conto delle modalità di calcolo definite dal decreto ministeriale sul Concordato ISA. Oltre ai dati dichiarati, ai fini della proposta di concordato, si fa riferimento anche alle informazioni acquisite dalle banche dati nella disponibilità del Fisco e di altri soggetti pubblici.

Requisiti di accesso

L’accesso al Concordato è consentito ai contribuenti tenuti all’applicazione degli ISA. Non è permesso, però, in caso di debiti maturati in anni precedenti per tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate o debiti contributivi. Per i primi si intendono i debiti derivanti dalla notifica di atti impositivi, a seguito di attività di controllo degli uffici e dalla notifica di cartelle di pagamento conseguenti ad attività di controllo automatizzato o formale della dichiarazione.

In ogni caso deve trattarsi di debiti scaturenti dalla notifica degli atti precedentemente indicati che, nel caso di concordato per gli anni 2025 e 2026, al 31 dicembre 2024 siano divenuti definitivi in base a sentenza passata in giudicato o perché non più impugnabili. Non rilevano dunque i debiti per i quali, alla data sopra indicata, pendono ancora i termini di pagamento e/o i termini di impugnazione o vi sia un contenzioso pendente.

I contribuenti possono comunque accedere al Concordato se, entro i termini previsti per aderire allo stesso, abbiano estinto i predetti debiti in misura tale che l’ammontare residuo dovuto, compresi interessi e sanzioni, non superi la soglia di 5 mila euro.

Ai fini della determinazione di tale soglia devono considerarsi, complessivamente, sia i debiti contributivi che i debiti per tributi amministrati dalle Entrate. Non concorrono alla determinazione di tale soglia i debiti oggetto di provvedimenti di sospensione o di rateazione.

La verifica della situazione debitoria deve essere effettuata con riferimento all’anno precedente a quelli cui si riferisce la proposta di concordato: pertanto, per un contribuente che abbia intenzione di aderire al Concordato per i periodi d’imposta 2025 e 2026, tale verifica deve essere effettuata con riferimento al 31 dicembre 2024.

Cause di esclusione

Le condizioni che impediscono l’accesso al Concordato attribuiscono rilevanza al periodo temporale in cui le stesse sono riferibili. Tra le condizioni ostative abbiamo:

  1. non aver presentato la dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione del Concordato;
  2. aver ricevuto una condanna per uno dei reati previsti dall’art. 2621 del Codice civile e dagli articoli 648 bis, ter e ter 1 del Codice penale, commessi negli ultimi tre periodi d’imposta antecedenti a quelli di applicazione del Concordato.

Il decreto sul Concordato equipara alla procedura di condanna la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti. L’accesso al Concordato è precluso solo in ipotesi di condanna con sentenza irrevocabile.

In caso di dichiarazioni mendaci relative all’assenza di condanne e/o di sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti è prevista l’applicazione delle sanzioni penali ai sensi dell’art. 76 del Dpr 445/2000.

La ratio di questa misura consiste nell’intento di precludere l’accesso al Concordato nei casi in cui ricorrano fattispecie che possano essere considerate sintomatiche di scarsa affidabilità, tali da minare la necessaria trasparenza tra Fisco e contribuente.

Tra le condizioni ostative troviamo anche il periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta. Infatti, non possono accedere al Concordato coloro che, con riferimento al periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta, hanno conseguito, nell’esercizio d’impresa o di arti e professioni, redditi o quote di redditi in tutto o in parte esenti, esclusi o non concorrenti alla base imponibile, in misura superiore al 40% del reddito derivante dall’esercizio d’impresa o di arti e professioni.

Un altro raggruppamento di cause di esclusione riguarda situazioni che possono verificarsi nel corso del primo periodo d’imposta oggetto del concordato, ovvero:

  • aver aderito al regime forfetario;
  • per le società o gli enti, essere stati interessati da operazioni di fusione, scissione, conferimento ovvero, nel caso di società o associazioni di cui all’art. 5 del Tuir, essere state interessate da modifiche della compagine sociale.

Il decreto correttivo ha introdotto due nuove ulteriori cause di esclusione, anch’esse riferibili a situazioni che possono verificarsi nel corso del primo periodo d’imposta oggetto del concordato. La prima fattispecie si riferisce ai titolari di reddito di lavoro autonomo che contemporaneamente partecipano a un’associazione o a una società tra professionisti ovvero a una società tra avvocati. In tal caso è prevista l’esclusione dal Concordato per il titolare di reddito di lavoro autonomo laddove non aderisca al Concordato anche l’associazione, la società tra professionisti o la società tra avvocati partecipata.

La seconda casistica riguarda, invece, l’ente associativo che intenda aderire al Concordato. Tale facoltà risulta preclusa laddove non aderiscano al Concordato, nei medesimi periodi di imposta, tutti i soci o associati, che dichiarino individualmente redditi di lavoro autonomo, partecipanti all’ente associativo.

Tali misure si applicano a decorrere dalle opzioni per l’adesione al Concordato relative al biennio 2025-2026, purché non esercitate prima dell’entrata in vigore del decreto correttivo.

Cause di cessazione del CPBIl concordato cessa di avere efficacia al verificarsi, in uno dei periodi di imposta in cui è vigente, di particolari situazioni che incidono sui presupposti in base ai quali era stato stipulato l’accordo del contribuente con il Fisco.

Si tratta dei seguenti casi:

  • cessazione o modifica dell’attività;
  • presenza di particolari ed eccezionali circostanze che hanno determinato la contrazione delle basi imponibili effettive in misura eccedente il 30% rispetto a quelle oggetto di concordato;
  • adesione al regime forfetario;
  • operazioni di fusione, scissione, conferimento effettuate da società o enti ovvero, per società o associazioni, modifiche della compagine sociale che ne aumentino il numero dei soci o degli associati;
  • dichiarazione di ricavi o compensi di ammontare superiore al limite stabilito dal decreto di approvazione degli ISA maggiorato del 50%.

Il decreto correttivo ha introdotto due ulteriori cause di decadenza. La prima si riferisce ai titolari di reddito di lavoro autonomo che contemporaneamente partecipano a un’associazione o a una società tra professionisti ovvero a una società tra avvocati. La misura prevede la cessazione del Concordato per il titolare di reddito di lavoro autonomo laddove venga meno l’adesione al Concordato da parte dell’associazione, della società tra professionisti o della società tra avvocati partecipata.

La seconda casistica riguarda, invece, l’ente associativo che abbia aderito al Concordato. Per tale soggetto il Concordato cessa di produrre i propri effetti laddove per uno o più dei soci o associati, che dichiarano individualmente redditi di lavoro autonomo, venga meno l’adesione al Concordato.

Tali misure si applicano a decorrere dalle opzioni per l’adesione al concordato relative al biennio 2025-2026, purché non esercitate prima dell’entrata in vigore del decreto correttivo.

Cause di decadenza

Il contribuente decade dal Concordato al verificarsi dei casi ritenuti potenzialmente sintomatici di comportamenti poco affidabili. In tali casi è compromessa la fedeltà delle informazioni dichiarate nel modello dichiarativo. Il decreto sul Concordato fa riferimento ai casi in cui, a seguito di accertamenti, risulta l’esistenza di attività non dichiarate per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati o la commissione di altre violazioni di non lieve entità.

Sono violazioni di non lieve entità le violazioni di cui al decreto legislativo n. 74/2000, relativamente ai periodi di imposta oggetto del concordato; le comunicazioni inesatte o incomplete dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli ISA, in misura tale da determinare un minor reddito per un importo superiore al 30%; le violazioni relative agli anni oggetto del concordato disciplinate dal decreto sanzioni.

Cause di decadenza sono anche la dichiarazione di dati non corrispondenti a quelli comunicati ai fini della proposta di concordato o qualora vengano meno le condizioni necessarie per accedere al Concordato. Il punto e) aggiunge il mancato versamento degli importi dovuti a seguito di concordato, salvo che il pagamento avvenga entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione.

Le violazioni non rilevano ai fini della decadenza nel caso in cui il contribuente abbia regolarizzato la propria posizione mediante l’istituto del ravvedimento, sempreché la violazione non sia stata già contestata e non siano iniziati accessi, ispezioni o verifiche.

Attività di controllo

Il corretto adempimento degli obblighi dichiarativi ha rilevanza centrale perché l’istituto del Concordato preventivo biennale possa trovare applicazione. Questo, in quanto il Concordato si basa proprio sui dati dichiarati dal contribuente.

Importante è quindi il riscontro della veridicità e correttezza delle informazioni fornite all’Amministrazione finanziaria dai contribuenti interessati ad applicare il Concordato.

Alla veritiera dichiarazione della sussistenza dei requisiti e al regolare adempimento degli obblighi previsti dal decreto sul Concordato si aggiunge che è essenziale che nel corso del Concordato stesso non si verifichino le fattispecie che ne comporterebbe la decadenza.

L’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate che, in esito ad attività di accertamento comportano la decadenza dal Concordato, devono risultare per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati.

L’attività di accertamento, per i periodi di imposta oggetto del concordato, può essere effettuata qualora in esito all’attività istruttoria dell’Amministrazione finanziaria ricorrano le cause di decadenza dell’art. 22 del decreto CPB.

Nei confronti dei contribuenti che hanno aderito al Concordato, l’eventuale attività di accertamento per i periodi d’imposta oggetto del Concordato non assume a riferimento ricostruzioni analitico-induttive, stante l’esclusione degli accertamenti basati sulle presunzioni semplici.

Nei confronti dei contribuenti che non aderiscono al Concordato o che ne decadono, sarà intensificata l’attività di controllo delle Entrate e della Guardia di Finanza.

Sanzioni accessorie

Per i soggetti che hanno commesso violazioni e non hanno aderito al Concordato o ne sono decaduti la legge n. 143/2024 ha previsto una norma che dispone il trattamento sanzionatorio. Prevede che ‘quando è irrogata una sanzione amministrativa per violazioni riferibili ai periodi d’imposta e ai tributi oggetto della proposta di concordato preventivo biennale, non accolta dal contribuente ovvero, in relazione a violazioni riferibili a periodi d’imposta e ai tributi oggetto della proposta, nei confronti di un contribuente decaduto dall’accordo di concordato preventivo biennale per inosservanza degli obblighi previsti dalle norme che lo disciplinano, le soglie per l’applicazione delle sanzioni accessorie, di cui all’art. 21 del decreto legislativo n. 472/1997 previste dal comma 1 dell’articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997 n. 471, sono ridotte alla metà’.

Come anticipato, l’appendice finale del documento di prassi amministrativa riporta le risposte ai quesiti formulati dalla stampa specializzata o da organismi rappresentativi di categorie di operatori economici.


(Vedi circolare n. 9 del 2025)
Trattamento fiscale applicabile all’incentivo al trattenimento in servizio dei lavoratori

A seguito delle modifiche della Legge di Bilancio 2025, da quest’anno il bonus per il trattenimento in servizio del dipendente non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente.

La legge n. 197/2022 ha previsto che i lavoratori dipendenti che hanno maturato i requisiti per la pensione anticipata possono rinunciare all’accredito contributivo della quota di contributi a proprio carico relativi all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima.

In conseguenza dell’esercizio di tale facoltà viene meno l’obbligo di versamento contributivo da parte del datore di lavoro e la somma corrispondente alla quota di contribuzione a carico del lavoratore che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’ente previdenziale è corrisposta interamente al lavoratore, quale incentivo per la prosecuzione del lavoro.

La legge n. 197/2022 ha disposto che alle somme in questione si applica l’art. 51, comma 2, del Tuir il quale prevede la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente delle quote di retribuzione derivanti dall’esercizio, da parte del lavoratore, della facoltà di rinuncia all’accredito contributivo.

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 45/E del 30 giugno 2025, fornisce chiarimenti al soggetto istante che chiedeva se, le quote di retribuzione derivanti dall’esercizio della facoltà di rinuncia all’accredito contributivo presso la forma esclusiva dell’Assicurazione Generale Obbligatoria, percepite a partire dal 2025 concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente. L’Amministrazione ha risposto che le quote di retribuzione in parola non concorrono alla formazione dell’imponibile e, quindi, non sono soggette a Irpef.

Il chiarimento interessa i lavoratori iscritti alla c.d. ‘Gestione pubblica’ , una forma ‘esclusiva’ dell’ Assicurazione generale obbligatoria (AGO), qualora rinuncino all’accredito contributivo.

La norma contenuta nella legge di Bilancio 2025 dispone che i lavoratori dipendenti che, entro il 31 dicembre 2025, abbiano maturato i requisiti minimi per accedere alla pensione anticipata flessibile o alla pensione anticipata ordinaria, possono rinunciare all’accredito contributivo della quota a proprio carico dell’AGO e alle sue forme sostitutive ed esclusive.

In seguito alla rinuncia il datore di lavoro non è più tenuto a versare questo tipo di contributo, mentre la quota corrispondente viene riconosciuta integralmente al lavoratore senza concorrere a formare il reddito imponibile, così come già anticipato.

La modifica normativa recata dalla legge di Bilancio 2025 è finalizzata ad ampliare la platea dei lavoratori destinatari degli incentivi, includendovi anche i lavoratori iscritti alle forme ‘esclusive’ di AGO, come la Gestione pubblica, in precedenza esclusi. Lo scopo è quello di incentivare il posticipo del pensionamento estendendo l’esclusione della tassazione alle somme derivanti dalla rinuncia all’accredito contributivo.

Nel caso in esame l’Agenzia chiarisce che le quote di retribuzione derivanti dall’esercizio, da parte dell’istante, della facoltà di rinuncia all’accredito contributivo presso la forma esclusiva dell’Assicurazione Generale Obbligatoria, percepite a partire dal 2025, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente.


(Vedi risoluzione n. 45 del 2025)
Trattamento ai fini Iva delle prestazioni di chirurgia e medicina estetica

Le prestazioni di chirurgia estetica e i trattamenti di carattere estetico possono rientrare nella nozione di ‘cure mediche’ o di ‘prestazioni mediche (alla persona)’ solo a condizione che le stesse abbiano uno scopo terapeutico, nel senso di diagnosticare, curare o guarire malattie o problemi di salute.

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 42/E del 12 giugno 2025, fornisce indicazioni sulla corretta applicazione dell’articolo 4-quater del decreto legge 18 ottobre 2023, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2023 n. 191.

L’articolo 10, primo comma, n. 18) del Decreto Iva prevede l’esenzione Iva per ‘le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione della persona rese nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza’. Tale disposizione trova fondamento nella direttiva Iva 2006/112/CE che stabilisce l’esenzione per le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha più volte chiarito che è lo scopo terapeutico a determinare se una prestazione medica debba essere esentata dall’Iva. In particolare, la sentenza 21 marzo 2013, causa C-91/12, con specifico riferimento alle operazioni di chirurgia estetica e ai trattamenti estetici, ha sostenuto che possono beneficiare dell’esenzione solo gli interventi effettuati con scopo terapeutico ovvero con lo scopo di diagnosticare, di curare e, nella misura possibile, di guarire malattie.

La conseguenza di questo assunto è che le prestazioni di chirurgia estetica e i trattamenti di carattere estetico non rientrano nell’esenzione e sono soggetti all’Iva ordinaria. Per godere dell’esenzione gli stessi devono avere uno scopo terapeutico, previa dimostrazione della finalità terapeutica della prestazione.

Sul piano interno, la circolare 28 gennaio 2005 n. 4/E, avente ad oggetto prestazioni mediche esenti aveva dato applicazione all’articolo 10, comma 1, n. 18) del Decreto Iva limitatamente alle prestazioni mediche di diagnosi, cura e riabilitazione il cui scopo principale è quello di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone.

Con l’introduzione dell’articolo 4-quater del decreto legge n. 145/2023, convertito dalla legge n. 191/2023, la normativa italiana, in linea con l’orientamento della Corte di giustizia europea, ha rimodulato le ipotesi di accesso all’esenzione stabilendo che: dal 17 dicembre 2023 l’esenzione dall’Iva si applica alle prestazioni sanitarie di chirurgia estetica rese alla persona volte a diagnosticare o curare malattie o problemi di salute, solo a condizione che tali finalità terapeutiche risultino da apposita attestazione medica.

Le prestazioni sanitarie di chirurgia estetica, invece, continuano a beneficiare dell’esenzione a condizione che abbiano finalità terapeutica, comprovata da idonea documentazione da cui risulti che la prestazione è volta a curare malattie o problemi di salute.

Come anticipato, le nuove regole trovano applicazione dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 145/2023 ovvero, dal 17 dicembre 2023. In assenza dello scopo terapeutico, comprovato, in ipotesi di chirurgia estetica, da apposita attestazione medica e, in caso di medicina estetica, da idonea documentazione, le relative prestazioni sono assoggettate all’Iva ordinaria.

In merito alle prestazioni rese da medici anestesisti nell’ambito di interventi di chirurgia estetica, si ritiene in ogni caso applicabile il regime di esenzione senza necessità dell’attestazione medica o di altra documentazione che ne comprovi la natura terapeutica. Questo, in quanto l’anestesia tutela, mantiene e stabilizza le condizioni vitali del paziente, configurandosi sempre come prestazione sanitaria terapeutica.

Per quanto attiene, poi, al rilascio dell’attestazione medica, non è possibile escludere a priori che lo stesso chirurgo o medico estetico che esegue l’intervento o il trattamento estetico possa farlo. Resta fermo che devono essere rispettate due condizioni:

  • dall’attestazione deve emergere il collegamento tra la patologia del paziente e la prestazione di chirurgia estetica o di medicina estetica, quale rimedio terapeutico;
  • la stessa attestazione deve essere antecedente alla data dell’intervento di chirurgia estetica o di medicina estetica.

La risoluzione, infine, fa riferimento alle modifiche apportate all’articolo 4-quater, comma 2, del decreto legge n. 145/2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 191/2023. Le modifiche rispondono all’esigenza di superare i dubbi interpretativi e chiarire che le prestazioni sanitarie di chirurgia estetica effettuate prima del 17 dicembre 2023, alle quali sia stato applicato il regime di esenzione Iva, restano in regime di esenzione, indipendentemente dalla dimostrazione della finalità terapeutica.

Nel caso in cui le menzionate prestazioni abbiano scontato il regime ordinario di imponibilità ai fini Iva, non spetta il rimborso dell’Iva versata.


(Vedi risoluzione n. 42 del 2025)
Novità della legge di Bilancio 2025 in tema di detrazioni per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di efficienza energetica degli edifici e di Superbonus

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 8/E del 19 giugno 2025, fornisce le istruzioni operative agli Uffici sulle novità fiscali contenute nella legge di Bilancio 2025 in materia di:

  • interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici;
  • ecobonus;
  • sismabonus;
  • superbonus.

In particolare, vengono rimodulati i termini di fruizione e le aliquote di detrazione; previsti regimi più vantaggiosi per le unità immobiliari adibite a prima casa. La circolare interviene, inoltre, sulla disciplina del superbonus, in merito ai requisiti necessari per avvalersi della detrazione per le spese sostenute nel 2025 e sulla possibilità di ripartire in 10 anni le spese sostenute nel 2023.

Continuano a trovare applicazione le misure non modificate relative alle detrazioni in esame.

Interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici

In materia di detrazioni delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici, la legge di Bilancio 2025 ha esteso anche alle spese sostenute negli anni 2025, 2026 e 2027, la riduzione, al 30%, dell’aliquota dell’agevolazione già prevista per le spese sostenute nel periodo 2028-2033.

La circolare dispone che sono escluse dalla riduzione dell’aliquota di detrazione al 30% le spese relative a interventi di sostituzione del gruppo elettrogeno di emergenza esistenti con generatori di emergenza a gas di ultima generazione, per i quali l’aliquota resta ferma al 50%.

Agevolazioni per gli interventi di Ecobonus, Sismabonus e bonus mobili

La legge di Bilancio ha prorogato le agevolazioni per le spese sostenute per gli interventi di efficienza energetica degli edifici, c.d. Ecobonus, in precedenza previste fino al 31 dicembre 2024, e modifica la percentuale di detrazione.

In particolare, per le spese documentate sostenute nel triennio 2025-2027, a esclusione delle spese per gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, le aliquote di detrazione sono stabilite in misura fissa per tutti gli interventi agevolati, pari al 36% delle spese sostenute nel 2025 e al 30% delle spese sostenute negli anni 2026 e 2027. La detrazione sale al 50% delle spese sostenute nel 2025 e al 36% delle spese sostenute nel 2026 e 2027, nel caso in cui gli interventi siano realizzati dal proprietario o dal titolare del diritto reale di godimento dell'unità immobiliare adibita a prima casa.

Le nuove aliquote si applicano per tutte le tipologie di interventi agevolati dall’articolo 14 del decreto legge n. 63/2013 compresi quelli che, fino al 2024, davano luogo a una detrazione più elevata, quali, ad esempio, gli interventi realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali e gli interventi su parti comuni di edifici condominiali finalizzati congiuntamente alla riduzione del rischio sismico e alla riqualificazione energetica.

Il comma 55, lettera b) introduce, inoltre, una serie di modifiche all’articolo 16 del Dl 63/2013 in materia di detrazione per interventi di recupero del patrimonio edilizio e per l’acquisto di mobili. Dispone, infatti, la sostituzione del comma 1 del richiamato articolo 16 in base al quale per le spese documentate relative agli interventi indicati nel comma 1 dell’articolo 16-bis, sostenute negli anni 2025, 2026 e 2027, a esclusione delle spese per gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, spetta una detrazione dall’imposta lorda pari al 36% delle spese sostenute nel 2025 e al 30% delle spese sostenute negli anni 2026 e 2027, fino a un ammontare complessivo non superiore a 96 mila euro per unità immobiliare.

La predetta detrazione, nel rispetto del medesimo massimale di spesa di 96 mila euro per unità immobiliare, per gli anni 2025, 2026 e 2027, è elevata al 50% delle spese sostenute nel 2025 e al 36% delle spese sostenute negli anni 2026 e 2027, nel caso in cui le medesime spese siano sostenute dai titolari del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento per interventi sull’unità immobiliare adibita a prima casa.

In merito al Sismabonus acquisti, per usufruire dell’aliquota maggiorata prevista dal nuovo comma 1-septies dell’articolo 16 del Dl n. 63/2013, l’Agenzia chiarisce che le detrazioni del citato articolo 16 spettano anche per le spese documentate sostenute negli anni 2025, 2026 e 2027, per tutte le tipologie di interventi agevolati nelle seguenti misure:

  • 36% per l’anno 2025 e 30% per gli anni 2026 e 2027;
  • 50% per l’anno 2025 e 36% per gli anni 2026 e 2027, nel caso in cui le medesime spese siano sostenute dai titolari del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento per interventi sull’unità immobiliare adibita a prima casa.

Le predette aliquote si applicano per tutte le tipologie di interventi agevolati, compresi quelli che, fino al 2024, davano luogo a una detrazione più elevata, come gli interventi che comportano il passaggio a una o a due classi di rischio inferiori o gli interventi realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali o, ancora, gli interventi realizzati mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici per ridurne il rischio sismico eseguiti da imprese di costruzione che entro 30 giorni dal termine dei lavori provvedano alla vendita dell’immobile.

Sempre il comma 55, lettera b) prevede una proroga della detrazione di cui all’articolo 16, comma 2, del Dl 63/2013 (c.d. bonus mobili) per le spese sostenute nel 2025, con lo stesso limite di spesa ammesso alla detrazione di 5 mila euro previsto per il 2024.

Interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili

La legge di Bilancio 2025 ha escluso dall’Ecobonus e dal bonus recupero del patrimonio edilizio gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, per le spese sostenute negli anni 2025, 2026 e 2027. Tale disposizione è in linea con quanto stabilito dalla direttiva Ue 2024/1275 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla prestazione energetica nell’edilizia.

L’Agenzia delle Entrate indica in quali casi la proroga della detrazione non può essere applicata:

  • con riferimento all’Ecobonus, gli interventi esclusi dagli incentivi fiscali riguardano le caldaie a condensazione e i generatori d’aria calda a condensazione, alimentati a combustibili fossili. La detrazione è salva, invece, per i microcogeneratori, anche se alimentati da combustibili fossili e per i generatori a biomassa e alla pompa di calore ad assorbimento a gas. Salvi anche i sistemi ibridi costituiti da una pompa di calore integrata con una caldaia a condensazione, assemblati in fabbrica ed espressamente concepiti dal fabbricante per funzionare in abbinamento tra loro in quanto non soggetti a limitazioni espressamente previste dalla norma;
  • con riferimento alle agevolazioni riconosciute dall’articolo 16, comma 1, del Dl n. 63/2013 per il recupero del patrimonio edilizio, restano fuori dagli sconti d’imposta le caldaie a condensazione e i generatori d’aria calda a condensazione, alimentati a combustibili fossili. Sono, invece, agevolabili gli interventi riguardanti i microcogeneratori, anche se alimentati da combustibili fossili, i generatori a biomassa, le pompe di calore ad assorbimento a gas e i sistemi ibridi costituiti da una pompa di calore integrata con una caldaia a condensazione. L’Agenzia ritiene che, con riferimento al bonus recupero del patrimonio edilizio, siano esclusi dalla detrazione anche gli interventi di nuova installazione delle predette caldaie, previsti dall’art. 1-bis, comma 1, lettere a) e b) del Tuir.

Con riferimento al Superbonus, l’Agenzia ritiene che le spese sostenute nel 2025 per gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili siano escluse da tale detrazione. Qualora, prima del 1°gennaio 2025, risulti presentata, per gli interventi ammessi al Superbonus, la comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila) o l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo in caso di interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici, l’intervento di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentati a combustibili fossili, anche se realizzato nel 2025, continua a rilevare ai fini del miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio.

Maggiorazioni per i titolari del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento per interventi sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale

A seguito delle modifiche introdotte dalla legge di Bilancio 2025 la detrazione per gli interventi di Ecobonus e Sismabonus è elevata al 50% per le spese sostenute nell’anno 2025 e al 36% per quelle sostenute negli anni 2026 e 2027, se sostenute dal titolare del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento sull’immobile adibito a prima casa.

La maggiorazione spetta, pertanto, a patto che il contribuente sia titolare di un diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento sull’unità immobiliare e la stessa unità sia adibita ad abitazione principale.

Per il riconoscimento dell’agevolazione è necessario che, in relazione alle spese sostenute dal 1°gennaio 2025, per i predetti interventi, il contribuente risulti titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento sull’unità immobiliare al momento di inizio lavori o di sostenimento della spesa, se antecedente.

Per abitazione principale il comma 3-bis dell’articolo 10 del Tuir intende quella nella quale la persona fisica o i suoi familiari dimorano abitualmente.

Ai fini dell’applicazione della detrazione con l’aliquota più elevata, rientra in tale nozione anche l’unità immobiliare adibita a dimora abituale di un familiare del contribuente.

Qualora l’unità immobiliare non sia adibita ad abitazione principale all’inizio dei lavori, la maggiorazione spetta per le spese sostenute per i predetti interventi a condizione che il medesimo immobile sia adibito a prima casa al termine dei lavori.

In merito al ‘Sismabonus acquisti’ la misura della detrazione è parametrata al prezzo della singola unità immobiliare acquistata, risultante nell’atto di compravendita e, comunque, entro un ammontare massimo di spesa di 96 mila euro per ciascun immobile. Ai fini della fruizione dell’aliquota maggiorata, si ritiene che l’unità immobiliare oggetto di compravendita deve essere adibita ad abitazione principale del contribuente entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui fruisce per la prima volta della detrazione.

Nel caso in cui gli interventi agevolati riguardino parti comuni degli edifici, si ritiene che la maggiorazione debba essere applicata alla quota di spese imputate al singolo condòmino, ammessa alla detrazione.

Per le spese imputate a soggetti non titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento, è possibile fruire delle detrazioni spettanti con le aliquote non maggiorate. Analogo chiarimento interessa le spese per gli interventi su parti comuni effettuate in condomini e in interi edifici di un unico proprietario.

Le novità della legge di Bilancio in materia di Superbonus

La manovra 2025 modifica la disciplina del Superbonus, aggiungendo il comma 8 bis 2 il quale stabilisce che la detrazione del 65% delle spese sostenute nel 2025, a favore dei condomini, delle persone fisiche che realizzano interventi su edifici composti da 2 a 4 unità immobiliari, anche se posseduti da un unico proprietario, e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle organizzazioni di volontariato e della associazioni di promozione sociale, spetta per i soli interventi per i quali alla data del 15 ottobre 2024 risulti:

  • presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila), se gli interventi sono diversi da quelli effettuati dai condomini;
  • adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila), se gli interventi sono effettuati dai condomini;
  • presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo, se gli interventi comportano la demolizione e la ricostruzione degli edifici.

La legge di Bilancio introduce, inoltre, nel decreto Rilancio il nuovo comma 8-sexies, che riconosce la facoltà di ripartire in 10 quote annuali di pari importo, la detrazione spettante per le spese sostenute dal 1°gennaio 2023 al 31 dicembre 2023.

Tale facoltà può essere esercitata, su opzione del contribuente, tramite la presentazione di una dichiarazione dei redditi integrativa in deroga, da presentarsi entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta 2024 (ossia il 31 ottobre 2025).

Nel caso in cui dalla dichiarazione integrativa emerga un maggior debito d’imposta, la maggiore imposta dovuta è versata dal contribuente, senza applicazione di sanzioni e interessi, entro il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute in relazione al periodo d’imposta 2024.

Con riferimento alle spese sostenute a decorrere dall’anno 2024, in merito agli interventi ammessi al Superbonus, la detrazione è sempre ripartita in 10 quote annuali di pari importoNovità in tema di detrazioni per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di efficienza energetica degli edifici, e per gli interventi ammessi al Superbonus.


(Vedi circolare n. 8 del 2025)
Istituzione del codice tributo per il versamento dei maggiori acconti dell’addizionale IRES per gli intermediari finanziari

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 43/E del 20 giugno 2025, ha istituito i codici tributo per il versamento, mediante modello F24, dei maggiori acconti dell’addizionale IRES per gli intermediari finanziari di cui all’articolo 1, comma 65, della legge n. 208/2015.

I nuovi codici tributo sono:

  • ‘2043’ denominato ‘Maggior acconto I rata addizionale IRES per gli intermediari finanziari - art. 1, comma 20, legge 30 dicembre 2024 n. 207’;
  • ‘2044’ denominato ‘Maggior acconto II rata addizionale IRES per gli intermediari finanziari o maggior acconto in unica soluzione - art. 1, comma 20, legge 30 dicembre 2024 n. 207’.

Per il codice tributo ‘2043’, in caso di versamento a rate, il campo ‘rateazione/Regione/Prov./mese rif.’ è valorizzato nel formato ‘NNRR’, dove ‘NN’ rappresenta il numero della rata in pagamento e ‘RR’ indica il numero complessivo delle rate. In caso di pagamento in un’unica soluzione, il suddetto campo è valorizzato con ‘0101’.


(Vedi risoluzione n. 43 del 2025)
Istituzione delle causali contributo per il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali di pertinenza dell’ENPAIA - Gestione separata dei Periti Agrari

Il sistema dei versamenti unitari e la compensazione previsti dall’art. 17 Dlgs n. 241/1997 si applicano anche all’Ente nazionale di previdenza e assistenza per gli addetti e gli impiegati in agricoltura (ENPAIA).

Per consentire il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti dagli iscritti alla gestione separata dei periti agrari di pertinenza dell’ENPAIA, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 44/E del 20 giugno 2025, ha istituito le seguenti causali contributo:

  • ‘E140’ denominata ‘ENPAIA - Gestione Periti agrari - Acconto e saldo contributi annuali’;
  • ‘E141’ denominata ‘ENPAIA - Gestione Periti agrari - Riscatto periodi contributivi’;
  • ‘E142’ denominata ‘ENPAIA - Gestione Periti agrari - Ricostituzione periodi contributivi ante 1996’;
  • ‘E143’ denominata ‘ENPAIA - Gestione Periti agrari - Importi dovuti per estratti conti annuali’;
  • ‘E144’ denominata ‘ENPAIA - Gestione Periti agrari - Versamenti generici’.

Le suddette causali sono operativamente efficaci a decorrere dal 1° luglio 2025.


(Vedi risoluzione n. 44 del 2025)
Legge di Bilancio 2025 - Misure in materia di versamento dell’imposta di bollo sulle comunicazioni inviate alla clientela relativamente ai contratti di assicurazione sulla vita

La legge di Bilancio 2025 ha introdotto misure in materia di applicazione dell’imposta di bollo per i contratti di assicurazione sulla vita.

La manovra, in particolare, interviene sui termini di versamento dell’imposta di bollo dovuta dalle imprese di assicurazione sulle comunicazioni inviate alla clientela relativamente ai prodotti assicurativi a contenuto finanziario, disponendo che il corrispondente ammontare sia versato annualmente e prevedendo, per i contratti in corso al 1°gennaio 2025, il versamento per quote della predetta imposta di bollo annuale già maturata.

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 7/E del 4 giugno 2025, fornisce istruzioni operative agli Uffici al fine di garantirne l’uniformità di azione.

VERSAMENTO ANNUALE DELL’IMPOSTA DI BOLLO SUI CONTRATTI DI ASSICURAZIONE SULLA VITA

La manovra 2025 è intervenuta sull’applicazione e sui termini di versamento dell’imposta di bollo dovuta sulle comunicazioni relative ai contratti sulla vita, ossia alle polizze di assicurazione e alle operazioni di cui ai rami vita III e V del codice delle assicurazioni private.

La nuova norma stabilisce che, a decorrere dal 2025, l’imposta di bollo è dovuta annualmente e il corrispondente ammontare è versato ogni anno dalle imprese di assicurazione con le modalità ordinarie di cui all’art. 4 del decreto del Mef 24 maggio 2012.

Fino al 31 dicembre 2024 trova applicazione la disciplina che prevede il pagamento dell’imposta di bollo all’atto del rimborso o del riscatto. La nuova norma ha previsto, invece, che tale pagamento avvenga annualmente e concerne sia i contratti stipulati a partire dal 1°gennaio 2025 che quelli in essere a tale data.

La modalità di versamento è quella mediante modello F24.

Ai fini della determinazione dell’acconto, previsto nella misura del ‘100% dell’imposta provvisoriamente liquidata ai sensi dell’articolo 15’, il cui versamento avviene entro il 16 aprile di ciascun anno, assume rilievo l’imposta di bollo dovuta annualmente.

Per l’assolvimento dell’imposta di bollo dovuta è possibile l’utilizzo in compensazione di crediti relativi ad altri tributi.

PIANO DI RATEAZIONE PER IL VERSAMENTO DELL’IMPOSTA DI BOLLO ACCANTONATA FINO AL 2024

Per i contratti di assicurazione sulla vita in corso al 1°gennaio 2025 l’ammontare dell’importo complessivo dell’imposta di bollo dovuta è versata in base alle seguenti quote e scadenze:

  • il 50% entro il 30 giugno 2025;
  • il 20% entro il 30 giugno 2026;
  • il 20% entro il 30 giugno 2027;
  • il 10% entro il 30 giugno 2028.

Per quanto concerne i contratti che scadono o vengono riscattati ‘medio tempore’, ossia entro il 30 giugno 2028, deve ritenersi che, con riferimento all’imposta calcolata per ciascun anno fino al 31 dicembre 2024, restano ferme le quote e le scadenze temporali sopra indicate, mentre con riferimento all’imposta dovuta annualmente a partire dal 2025, il versamento avviene ogni anno con le modalità ordinarie.

POLIZZE EMESSE DA IMPRESE DI ASSICURAZIONI ESTERE OPERANTI IN ITALIA IN REGIME DI LIBERTA’ DI PRESTAZIONE DI SERVIZI

Con riferimento alle comunicazioni relative a polizze emesse da imprese di assicurazioni estere operanti in Italia in regime di libertà di prestazione di servizi e stipulate da soggetti residenti nello Stato, l’imposta di bollo, sia corrente sia accantonata, è assolta dall’impresa estera direttamente in Italia, ovvero tramite un rappresentante fiscale che risponda in solido con essa per il versamento dell’imposta.

Qualora le imprese di assicurazione estere operanti in Italia in regime di libertà di prestazione di servizi non esercitino l’opzione prevista dall’articolo 26-ter e non richiedano l’autorizzazione al pagamento dell’imposta di bollo in modo virtuale:

  • se le polizze sono oggetto di un contratto di amministrazione con una società fiduciaria residente o sono custodite, amministrate o gestite da intermediari residenti, l’imposta di bollo in commento è comunque dovuta e deve continuare a essere corrisposta dalla società fiduciaria o dall’intermediario residente con le modalità del dm 24 maggio 2012;
  • se le polizze non sono oggetto di contratti di amministrazione con una fiduciaria residente o con altri intermediari residenti, è dovuta l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE), in quanto tali polizze si considerano detenute all’estero.

INTERAZIONE CON L’IMPOSTA DI BOLLO SPECIALE ANNUALE SULLE ATTIVITA’ OGGETTO DI EMERSIONE

Le attività finanziarie oggetto di scudo fiscale sono soggette a un’imposta di bollo speciale del 4 per mille che si determina ‘al netto dell’eventuale imposta di bollo pagata ai sensi dei commi 2-bis e 2-ter dell’art. 13 della tariffa allegata al Dpr n. 642/1972’, risultante dai rendiconti.

Il versamento di tale imposta di bollo speciale avviene entro il 16 luglio di ciascun anno con riferimento al valore delle attività ancora segretate al 31 dicembre dell’anno precedente.

A seguito delle modifiche apportate dalla legge di Bilancio 2025 si ritiene che proprio a decorrere dall’annualità 2025 l’imposta di bollo speciale annuale debba essere determinata al netto dell’imposta di bollo sulle comunicazioni relative ai contratti di assicurazione sulla vita dovuta annualmente dall’impresa di assicurazione.

Le imprese di assicurazione sono tenute a comunicare all’intermediario residente l’imposta di bollo dovuta anno per anno, al fine di consentirne lo scomputo.

Con riferimento all’imposta di bollo speciale dovuta fino al 31 dicembre 2024, l’Agenzia ritiene, invece, che la stessa possa essere scomputata dall’imposta di bollo sulle comunicazioni accantonata per ciascun anno fino al 31 dicembre 2024.

L’imposta di bollo sulle comunicazioni eventualmente dovuta, a seguito del suddetto scomputo, è versata secondo le rate e le scadenze di cui alla manovra 2025.


(Vedi circolare n. 7 del 2025)
Istituzione dei codici tributo per il versamento dei maggiori acconti dovuti ai sensi dell’art. 1, comma 20 della legge n. 207/2024

La manovra 2025 ha disposto il differimento della deducibilità di taluni componenti negativi di reddito ai fini Ires e Irap. L’Agenzia delle Entrate, per consentire il versamento, tramite modello F24, degli importi relativi ai maggiori acconti per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e per quello successivo, con la risoluzione n. 38/e del 6 giugno 2025, ha istituito i seguenti codici tributo:

  • ’2007’ ‘Maggior acconto I rata Ires’;
  • ’2008’ ‘Maggior acconto II rata Ires o maggior acconto in unica soluzione Ires’;
  • ’3881’ ‘Maggior acconto I rata Irap’;
  • ’3882’ ‘Maggior acconto II rata Irap o maggior acconto in unica soluzione Irap’.

Come anticipato la legge n. 207 del 30 dicembre 2024 ha infatti introdotto un'importante novità in materia fiscale, volta al differimento della deducibilità di alcune componenti negative di reddito ai fini della determinazione della base imponibile dell’Ires e dell’Irap.

La norma prevede che la deducibilità di determinati costi, inizialmente previsti per specifici periodi d’imposta, venga posticipata a esercizi successivi, individuati dalla stessa norma. Il legislatore ha inoltre previsto l’impatto di tale differimento sulla determinazione degli acconti relativi ai periodi d’imposta interessati.

L’articolo 1, comma 20, della manovra 2025 stabilisce che sull’importo corrispondente alla parte dei maggiori acconto dovuti in conseguenza del differimento delle deduzioni, relativi al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e per quello successivo, non si applicano le sanzioni e gli interessi previsti dall’art. 17 del Dlgs 9 luglio 1997 n. 241, né quelle dell’art. 4, comma 3, del decreto legge 2 marzo 1989 n. 69, convertito dalla legge n. 154/1989.


(Vedi risoluzione n. 38 del 2025)
Istituzione dei codici tributo per il versamento dell’imposta di bollo dovuta per i contratti di assicurazione sulla vita in corso al 1°gennaio 2025, calcolata fino al 2024

La legge di Bilancio 2025 ha stabilito che per le comunicazioni relative a contratti di assicurazione sulla vita, l’imposta di bollo è dovuta annualmente e il corrispondente ammontare è versato ogni anno, a decorrere dal 2025, dalle imprese di assicurazione con le modalità ordinarie previste dall’art. 4 del dm del Mef 24 maggio 2012.

Per i contratti di assicurazione sulla vita in corso al 1°gennaio 2025, l’ammontare corrispondente all’importo complessivo dell’imposta di bollo, calcolata per ciascun anno fino al 2024, è versato per una quota pari al 50% entro il 30 giugno 2025, per una quota pari al 20% entro il 30 giugno 2026, per una quota pari al 20% entro il 30 giugno 2027 e per la restante quota del 10% entro il 30 giugno 2028.

Per consentire il versamento, tramite modello F24, dell’imposta di bollo calcolata fino al 2024 per i contratti di assicurazione sulla vita in corso al 1°gennaio 2025, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 39/E del 6 giugno 2025, ha istituito il codice tributo ‘2510’ denominato ‘Imposta di bollo sui contratti di assicurazione sulla vita calcolata fino al 2024 - articolo 1, comma 88, legge 30 dicembre 2024 n. 207’.

Per l’eventuale versamento delle sanzioni e degli interessi da ravvedimento sono istituiti i seguenti codici tributo:

  • ‘2511’ denominato ‘Imposta di bollo sui contratti di assicurazione sulla vita calcolata fino al 2024 - Sanzioni da ravvedimento’;
  • ‘2512’ denominato ‘Imposta di bollo sui contratti di assicurazione sulla vita calcolata fino al 2024 - Interessi da ravvedimento’.


(Vedi risoluzione n. 39 del 2025)
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